L’anima di Valeria Parrella

 

«Tutto ciò che scegliamo si rivelerà sbagliato se saremo tristi, e giusto se saremo felici», dice Elisabetta, la protagonista di Almarina (Einaudi, 2019), il nuovo romanzo di Valeria Parrella, finalista al premio Strega. Elisabetta come la protagonista de, Lo spazio bianco (Einaudi, 2008), è un insegnante ma a differenza di Maria che insegna italiano in una scuola serale, Elisabetta insegna matematica nel carcere minorile di Nisida. Un luogo dove i sogni e il tempo sono sospesi, ma dove paradossalmente Elisabetta si sente libera. E da quando in classe è arrivata la piccola Almarina, è cambiato il suo sguardo. Un incontro che le cambierà la vita. La Parrella si conferma una delle voci più sensibili della letteratura italiana, una voce che non rinuncia mai a essere politica. Ancora una volta la scrittrice napoletana, attraverso piccole storie, ci trascina nel senso dell’umanità, facendoci sentire la responsabilità di ogni azione.

Con Almarina sei arrivata, per la seconda volta, in finale al premio Strega. Al di là delle vendite, quanto è importante?
Lo strega è un bellissimo trampolino di lancio per gli scrittori esordienti perché ti fa notare dall’ambiente editoriale. Tutt’altra cosa è il rapporto col lettore che invece si costruisce nel tempo, ci devi stare sempre, scrivere libri, non abbandonare il lettore. A meno che tu non sia Salinger a cui bastano tre libri, e quelli restano, ma io non lo sono. Lo strega serve per gli esordi o, come nel caso di Almarina, per dare una seconda vita al libro. Forse serve meno ai grandi scrittori il cui libro lo trovi a pile nelle librerie.

Ancora una volta un insegnante come ne, Lo spazio bianco, ma a differenza di Maria che insegnava italiano in una scuola serale, Elisabetta insegna matematica a Nisida. Cosa ti affascina di questo lavoro?
Io sarei potuta essere una professoressa, ho un grande pegno verso la scuola che viene da molto più lontano di me: mia madre è nata nel dopoguerra da una famiglia povera e, come sua sorella, non la volevano far studiare. Ma grazie alla sua caparbietà e all’incontro con una professoressa di italiano e latino che aveva colto e fatto crescere le sue potenzialità è riuscita a laurearsi e a fare il lavoro che voleva. Mio padre è stato insegnante al liceo classico Gianbattista Vico di Nocera Inferiore e vedo che, anche in quest’anno di pandemia, quello che lo tiene ancora in vita è il rapporto con i suoi ex alunni, così come vedo che per mio figlio Andrea è difficilissimo stare lontano dalla scuola. Io sono diventata una scrittrice e non mi chiamo Moravia di cognome. Voglio dire che la scuola ha un ruolo importante nelle nostre vite formative. Mi considero un’insegnante mancata, è per questo che in ogni libro in cui c’è un discorso generazionale, un insegnate non può mancare.

Elisabetta ha paura per quando i suoi ragazzi usciranno fuori. Quali sono gli strumenti da dare a questi ragazzi per poterlo affrontare?
Nisida dà tutto ai ragazzi per poter affrontare il mondo, è quest’ultimo a non essere pronto per le disuguaglianze. Il mondo non è pronto ad accogliere i poveri, gli anziani, i disabili, i malati. È una società capitalista e quindi pronta ad accogliere solo le persone che stanno bene e hanno ‘na cosa ‘e sordi. Questa è la verità. Tutto il resto è una devianza dal mondo capitalista. Quindi io trovo molto più facile capire il ragazzo che ruba piuttosto che l’industriale. È da questi presupposti che bisognerebbe costruire una società che abbatta le disuguaglianze, perché il problema non è il singolo fatto di cronaca come il rider picchiato, il problema è che questo è diventato un problema endemico, io una formula non ce l’ho.

Quella di Maria e di Elisabetta è una vera e propria missione, un bisogno esistenziale che si fa politico. Un impegno che la tua scrittura si è sempre assunto e che, nel 2014, addirittura ti ha visto candidata alle europee con Tsipras. Lo rifaresti?
Fu un’esperienza bellissima perché nella mia lista c’erano le persone con cui vorrei andare a cena la sera: Elena Ledda, Curzio Maltese, Moni Ovadia, Loredana Lipperini e soprattutto Ermanno Rea, che è stato un po’ il mio padre spirituale, stargli vicino è stata un’occasione d’oro. Allo stesso tempo è stato imbarazzante dire vota Valeria Parrella per far votare la lista, quindi non la rifarei questa esperienza però è necessario.

Cosa speri per le prossime elezioni comunali a Napoli?
Per le prossime elezioni a Napoli mi auguro una sindachessa giovane, perché credo che il mondo sia delle Antigoni quindi delle giovani donne.

 

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